Di seguito riportiamo l’articolo pubblicato su corriere.it in data 19 aprile 2019 a cura di Maria Elena Zanini.
Addio a piatti e posate di plastica potrebbe assestare un duro contraccolpo a molte imprese italiane del settore che danno lavoro complessivamente a oltre 3 mila persone, nel Paese. E che ora temono per il loro futuro. La Direttiva europea sulla plastica, approvata a fine marzo, punta alla riduzione del consumo di plastica e all’incentivazione del riciclo per alcuni prodotti monouso. In particolare la direttiva prevede la messa al bando entro il 2021 di piatti, posate, cotton fioc, cannucce, mescolatori, bastoni per palloncini, contenitori per cibo e bevande in polistirolo espanso. Si parla invece di «nuovi requisiti di fabbricazione» per le bottigliette di plastica (che dovranno essere prodotte con un minimo del 25% di plastica riciclata) per le quali la Ue impone come ambizioso obiettivo un riciclo del 77%.
I numeri
Gli addetti del settore evidenziano che si tratta di distinguo importanti perché una cattiva recezione della normativa potrebbe mettere ancora più in difficoltà molte aziende italiane, dalle acque minerali alla distribuzione automatica. Il primo comparto ha un giro d’affari di 3 miliardi di euro, comprende 246 marche italiane e 126 imbottigliatori che esportano in oltre 100 Paesi. La Distribuzione Automatica di cibi e bevande, dove l’acqua è il secondo prodotto più venduto, ha un giro d’affari di 3 miliardi di euro con 3.000 aziende di gestione dei distributori che occupano 33.000 dipendenti.
Il caso
Racconta Erika Simonazzi, titolare e direttore marketing di Flo, gruppo di aziende di Fontanellato, in provincia di Parma, specializzato proprio nella produzione di stoviglie monouso di plastica (piatti e bicchieri): «Inevitabilmente dovremo spegnere diverse macchine, dato che non potremo più produrre piatti e dovremo fare ingenti investimenti per cambiare il nostro modello produttivo. Il tutto in due anni, dato che il bando scatterà dal 2021. Esportiamo il nostro made in Italy in circa 60 paesi. Oltre ai siti italiani abbiamo siti produttivi in Inghilterra, Francia, Spagna e Repubblica Ceca e uffici commerciali in Germania, Polonia per un fatturato di oltre 500 milioni e oltre 1000 addetti tra Italia ed estero». Per Erika Simonazzi non è in discussione la nobiltà dell’obiettivo della direttiva Ue: nessuno vuole vedere foto di tartarughe avvolte nella plastica o cavallucci marini che nuotano abbracciati a un cotton fioc. A essere in discussione sono le tempistiche e le modalità con cui è stata approvata la direttiva: «Troppo frettolosamente», riassume la manager, secondo cui i politici non si sono soffermati a soppesare le conseguenze che la direttiva avrà sul settore, anzi, si sono fatti trasportare dall’emotività dando vita a provvedimenti palesemente in contrasto con la direttiva «mi riferisco alle iniziative plastic free che non solo coinvolgono oggetti non nel mirino della Ue, come le bottigliette d’acqua ma che potrebbero anche mettere a rischio la salute dei cittadini».
Se infatti la plastica è riuscita ad avere la diffusione che ha oggi è anche grazie alle sue caratteristiche, igiene in primis e trovare materiali che possano sostituirla non è immediato. «Le posate in metallo per esempio in alcuni ambienti come mense o ospedali, potrebbero non essere pulite adeguatamente. Se la plastica verrà messa al bando poi, l’alternativa potrebbe essere il legno, ma si tratta di prodotti importati dall’Asia, senza certezze sulla salubrità del materiale al contatto col cibo».
«Incentivare la raccolta differenziata»
«Dovremmo trasformarci da produttori a commercianti» le fa eco Evelina Milani, responsabile marketing di Ni.Si, azienda del comasco che da 40 anni produce le palettine di plastica con cui si mescolano le bevande nei distributori automatici. Le palettine saranno vietate dal 2021, ma non i bicchieri: «E’ assurdo: bicchiere e palettina vengono buttati nello stesso contenitore e fanno parte entrambi di un circuito virtuoso di riciclo». Anche per Milani la direttiva è stata fatta su buoni principi:«C’è uno spreco di materiali plastici, ma vietarli non risolverà il problema. Basti pensare che il 97% dell’inquinamento del Mar Mediterraneo viene dal fiume Nilo…». La soluzione: «Incentivare la raccolta differenziata (in Italia viene riciclata il 95% della plastica ndr) e puntare sì su fonti alternative, ma in maniera ragionata. Noi stiamo studiando materiali alternativi, ma per farlo abbiamo bisogno di tempo e investimenti. E tempo non ne abbiamo con la scadenza al 2021».
Provvedimenti sbagliati
Per l’avvocato Andrea Netti, titolare dello studio Adr, esperto in diritto amministrativo, societario e penale d’impresa, il cuore del problema in Italia è stata la fuga in avanti della politica che con vari provvedimenti ha creato una confusione enorme: «Il 47% dei provvedimenti analizzati in 60 comuni italiani, include i bicchieri di plastica tra i prodotti da abolire. Prodotto non citato dalla direttiva europea. Stesso problema per le bottiglie d’acqua che non sono da abolire ma da produrre in maniera differente. Va ricordato che l’Ambiente rientra tra le materie di potestà legislativa concorrente tra Unione e Stati Membri. Ciò significa che questi ultimi hanno rinunciato a parte della propria sovranità nazionale a favore delle istituzioni europee, competenti a legiferare. Per questo gli atti adottati e le azioni intraprese dalle Amministrazioni nazionale e locali italiane in contrasto con i contenuti e gli obiettivi della Direttiva Ue sulla Plastica Monouso sono illegittime e rischiano di causare una serie infinita di ricorsi alla giustizia amministrativa».
Il convegno
Intanto mercoledì 17 aprile in Senato si è tenuto il convegno «Direttiva Ue sulla plastica – facciamo chiarezza» con l’obiettivo di accendere un faro proprio sulla direttiva Ue, a maggior ragione se venisse mal interpretata o se il suo messaggio venisse strumentalizzato dalle singole politiche comunali. Un esempio su tutti, presentato da Marco Omboni, Presidente di Pro.Mo Federazione Gomma Plastica è il caso di Trapani dove non solo è stato vietato l’uso delle stoviglie monouso, ma ne è stata vietata la vendita.